di Guido Talarico
In attesa che la politica italiana decida per quanto tempo ancora potrà permettersi il lusso di lasciare che il suo uomo migliore trascorra il suo tempo tra gli amati libri e qualche conferenza, la stampa europea continua a sospingere la candidatura di Mario Draghi per un alto incarico in Europa. L’ultimo ad iscriversi a questa sequenza è Pierre de Gasquet, corrispondente da Roma del quotidiano economico francese Les Echos. Già capo della sede di New York e corrispondente da Londra dello stesso quotidiano, de Gasquet è un profondo conoscitore delle vicende politiche ed economiche tanto italiane che europee. L’ampia corrispondenza dedicata al futuro di Draghi più che un ennesimo segnale di stima nei confronti dell’ex capo della Banca Centrale Europea (BCE) appare infatti, grazie anche all’autorevolezza dell’autore, come la registrazione mediatica di un “sentiment” sempre più diffuso a Bruxelles: Draghi deve presto tornare in campo. Del resto in tempi resi così complicati dalla pandemia, con un’Europa costretta per la prima volta a fare debito a nome di tutti gli stati membri, il richiamo alle armi di un uomo come Draghi appare come una conclusione elementare.
Non ci vogliono infatti menti superiori per intuire quanto strategico e determinante possa essere in un momento del genere l’apporto di un uomo con l’esperienza, le competenze ed il carisma di Draghi. In Italia questa fase politica caratterizzata dall’ascesa di due partiti (Movimento 5 Stelle e Lega) diventati decisivi soltanto dopo l’ultimo voto, hanno portato a due governi eterogenei condizionati dalle rispettive debolezze. Un clima che come conseguenza ha avuto anche l’incapacità di coinvolgere nei momenti più difficili un banchiere ed un economista come Draghi. Poteva e potrebbe l’Italia trarre un qualche beneficio dalla sua presenza quando in sede comunitaria si discute di Recovery Fund e di Mes? La risposta è ovvia, come palese è stata l’incapacità della politica italiana di avvalersi del talento di Draghi in un momento drammatico come è l’attuale.
L’analisi di de Gasquet non trascura questo aspetto, anzi sembra partire proprio dall’Italia. “L’uomo che è riuscito a disinnescare la crisi dell’eurozona nell’ultimo decennio potrebbe ora contribuire a far uscire l’Europa dal solco in cui la pandemia l’ha lasciata? Gran parte della classe politica italiana – scrive il corrispondente francese – sta ora ipotizzando che Mario Draghi, 73 anni, potrebbe essere eletto al Quirinale (la Presidenza della Repubblica) per succedere a Sergio Mattarella, 79 anni, nel febbraio 2022, o addirittura a Palazzo Chigi (la Presidenza del Consiglio), a capo di un governo di unità nazionale, se le cose andassero drammaticamente male. Molti sono convinti che egli avrà – o dovrà avere – un ruolo chiave per l’uscita dell’Italia dalla crisi”.
Ma siccome finora non è successo niente e i tempi di sue eventuali chiamate non appaiono stretti, ecco che lo sguardo di de Gasquet va direttamente a Bruxelles: “Alcuni – scrive – lo vedono addirittura assumere ancora una volta funzioni a livello europeo, forse anche nuove, come quella di ministro europeo dell’Economia e delle Finanze. Non ha forse detto ai deputati del Parlamento europeo nel 2015 che la moneta unica rimane in pericolo “finché non saranno create altre istituzioni paneuropee“?
De Gasquet poi dedica più passi della sua corrispondenza a ricordare di quale reputazione goda Mario Draghi a livello internazionale. “In un momento di storica recessione – scrive il giornalista di Les Echos – l’ex direttore del Tesoro, divenuto Governatore della Banca d’Italia per cinque anni dopo un periodo alla Goldman Sachs, rimane una delle personalità più rispettate – e collegate – del continente. Paul Krugman, premio Nobel per l’economia, non ha forse detto di lui nel 2019 che era “forse il miglior banchiere centrale dei tempi moderni”? In ogni caso, la sua performance alla guida della BCE gli è valsa il soprannome di “Super Mario”. “La sua parola conta più che mai in un momento di cambiamento economico in cui stiamo entrando in un mondo che è molto difficile da prevedere”, dice il saggista Alain Minc”.
Leggiamo ancora la corrispondenza di “Les Echos”: “La grande forza di Draghi è che è sia un economista che un banchiere centrale. Crede molto nelle sue diagnosi. Ha la forza intellettuale e il coraggio di passare dalla teoria all’azione”, dice l’economista Natacha Valla, che ha lavorato alla BCE prima di essere nominata Preside della Scuola di Management e Innovazione di Sciences Po a settembre. Molti economisti considerano ancora un miracolo la sua capacità di trasferire una parte sostanziale del debito pubblico italiano al bilancio della BCE, in accordo con Angela Merkel. Il suo discorso del 26 luglio 2012 entrerà negli annali per le tre parole magiche “Whatever It Takes” che hanno fermato la speculazione contro gli Stati membri più deboli della zona euro. Mario Draghi voleva così dire che la sua istituzione avrebbe mantenuto l’integrità di questa zona valutaria oggettivamente viziata, “a qualunque costo”. “Questo è stato il suo colpo di genio: significava “Mi sto liberando dalla Germania”. (…) È qui che ha dato prova di coraggio politico”, dice l’economista Michel Ruimy, professore alla Sciences-po Paris. Per Patrick Artus, capo economista di Natixis, non c’è dubbio che “Super Mario” abbia evitato il crollo della moneta unica”.
L’articolo di Les Echos ricorda anche l’ultima uscita pubblica dell’ex numero uno della BCE, a Rimini lo scorso 18 agosto durante il Meeting di Comunione e Liberazione: “L’’ultimo grande discorso di Mario Draghi ha colpito nel segno. Ha lanciato un severo avvertimento sui limiti del denaro magico. In un momento in cui gli Stati si stanno indebitando in una misura che prima si pensava impensabile, il vero inventore di “qualunque cosa costi” è uno dei primi a porsi la domanda in modo semplice: chi pagherà il conto? “Il debito creato dalla pandemia è senza precedenti e dovrà essere ripagato soprattutto dai giovani d’oggi. È nostro dovere assicurarci che abbiano tutti i mezzi per farlo”, ha detto Draghi”.
Ma nonostante l’uscita di Draghi a Rimini abbia riscosso consenso e plauso unanimi a Roma lasciano cadere. Anzi, come sottolinea de Gasquet, “il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha rivelato a settembre a Cernobbio che Mario Draghi si sarebbe dichiarato “stanco” quando si è offerto di sostenere la sua candidatura alla presidenza della Commissione europea nel 2019. Un osservatore romano ha descritto questa uscita come “pura perfidia destinata a neutralizzare un potenziale rivale“.
De Gasquet conclude la sua inchiesta ricordando che Mario Draghi è un uomo che ha già fatto la storia e chiedendosi retoricamente se questo non gli possa bastare. La risposta sta nelle parole di Federico Caffè, il grande economista abruzzese di cui Draghi era l’allievo prediletto e che, come ricorda lo stesso giornalista francese, sparì nel nulla all’alba del 15 aprile 1987. “Paradigma dell’economista – scrisse Caffè – è non spacciarsi da profeta”. In anni dove i falsi profeti sono diventati la norma, le comprovate capacità di Draghi fanno di lui un uomo che non potrà sottrarsi ancora alle responsabilità che lo attendono.
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