Il Ceo Montesi: “La crisi ucraina ha imposto l’introduzione di correttivi ma RePowerEU è rimasta la traccia da seguire. La UE mira quindi attualmente a raddoppiare approssimativamente la capacità incrementale rinnovabile a 900 gigawatt entro il 2030 e ad aumentare del 20% la diffusione delle energie rinnovabili. L’Italia invece, a fine 2022 è riuscita a costruire nuovi impianti solo per 2.2 gigawatt (di cui 1.8 GW per impianti su tetti finanziati con il Superbonus e gli incentivi del FER1) sui 70 GW che dovrebbe realizzare entro il 2030. È troppo poco”
di Guido Talarico
Leonardo Montesi è il fondatore e il CEO di TEP Renewables, un piccola multinazionale di diritto inglese ma che opera in vari paesi europei, a cominciare dall’Italia. Romano di nascita, cosmopolita per vocazione, Montesi prima di mettersi in proprio e lanciare questa brillante azienda del comparto delle rinnovabili è stato un manager internazionale che ha girato praticamente tutti i settori delle filiera energetica: dall”oil and gas” all’energie elettrica. Periodicamente lo intervisto perché allo sguardo pragmatico dell’imprenditore somma la visione strategica di chi ha avuto esperienze professionali ai massimi livelli e di chi questo mondo lo conosce veramente affondo. Insomma, Montesi sa quello che dice e in più lo dice senza quella cautela, che invece sembra condizionare la comunicazione di molti operatori di questo settore.
Primavera tempo di bilanci: come si è chiuso il vostro 2022?
Sono complessivamente soddisfatto anche se non tutte le aree di business hanno contribuito come ci aspettavamo. Diciamo che il 2022 è stato un anno di assestamento. Abbiamo capito dove dobbiamo andare e chi dobbiamo portare con noi.
Quali prospettive per il 2023?
Dopo aver seminato è arrivato il tempo di raccogliere. Il 2023 si annuncia come un anno di crescita e grandi trasformazioni, sia pur nel rispetto dell’identità che abbiamo acquisito e in armonia con la traiettoria di sviluppo che abbiamo tracciato.
TEP Renewables è una multinazionale: per la vostra crescita a quali paesi puntate con maggiore attenzione?
Pur avendo le radici in Inghilterra, TEP Renewables è un’azienda visceralmente europea. Puntiamo a consolidare la presenza nei paesi come l‘Italia, la Romania e Cipro dove abbiamo già acquisito una quota importante del mercato e a espanderci, anche attraverso acquisizioni e joint ventures, in quei paesi, soprattutto dell’Est europeo, che stanno seriamente investendo nella transizione energetica.
Come giudica la politica energetica italiana?
Se la politica energetica italiana è quella di puntare sul gas e addirittura diventare un hub europeo per la distribuzione del gas africano, temo sia una scelta strategicamente sbagliata. Posto che il GNL ha costi accettabili solo in una condizione, come quella attuale, di emergenza e crisi energetica, l’Italia rischia di continuare a dipendere dal gas naturale di altri. Ieri era la Russia mentre oggi, e in prospettiva domani, sono tanti paesi che tra l’altro hanno un’instabilità politica congenita e standard di democrazia molto discutibili. Pensare poi che l’Europa nel Nord possa essere interessata ad acquistare il gas importato dall’Italia in un’ottica di lungo periodo è addirittura utopico. La guerra in Ucraina prima o poi finirà e comunque l’Europa del Nord è impegnata seriamente a ridurre i propri consumi di gas.
Quali sono le differenze con il resto dell’Europa?
Il resto dell’Europa non ha mai pensato di mettere in discussione e magari rinunciare alla transizione ecologica ed energetica. La crisi ucraina ha imposto l’introduzione di correttivi ma RePowerEU è rimasta la traccia da seguire. La UE mira quindi attualmente a raddoppiare approssimativamente la capacità incrementale rinnovabile a 900 gigawatt entro il 2030 e ad aumentare del 20% la diffusione delle energie rinnovabili. L’Italia invece, a fine 2022 è riuscita a costruire nuovi impianti solo per 2.2 gigawatt (di cui 1.8 GW per impianti su tetti finanziati con il Superbonus e gli incentivi del FER1) sui 70 GW che dovrebbe realizzare entro il 2030. È troppo poco.
Le rinnovabili sono il futuro?
Stiamo vivendo una grave crisi climatica. Una crisi che si aggraverà come è scientificamente dimostrato dai report dell’IPCC. La decarbonizzazione è una scelta obbligata e non rinviabile e le rinnovabili, che hanno già un ruolo importante nel presente e non solo nel futuro, sono uno strumento irrinunciabile per salvare il pianeta.
Voi siete leader nell’agrivoltaico. Come funziona e perché conviene?
L’agrivoltaico è un approccio innovativo che permette di far convivere e interagire in modo virtuoso la generazione di energia solare e le pratiche agricole su terreni di scarso valore agricolo. Ci sono tanti terreni agricoli lasciati incolti perché una certa agricoltura moderna non rende abbastanza. Sono quelli i terreni che noi cerchiamo, non solo in Italia ma in tutta Europa, per costruirci progetti agrivoltaici in cui siamo noi stessi a investire i capitali della nostra azienda agricola nei progetti agricoli che ridanno vita ai territori abbandonati e creano occupazione e ricchezza per le comunità locali.
Perché, nonostante l’emergenza energetica sia sempre più forte, in Italia il ciclo autorizzativo per avviare impianti rinnovabili è ancora così lento e complicato?
Nella foga di voler dare impulso all’autorizzazione di nuovi impianti si continuano a scrivere, molto spesso in modo frettoloso e pasticciato, nuove leggi che modificano quelle esistenti in un modo che anche gli addetti ai lavori fanno fatica a interpretare. A questo si aggiunga che alle amministrazioni manca il personale per valutare i progetti presentati dai produttori e i tempi della giustizia amministrativa, per compulsare le amministrazioni o decidere sull’impugnativa di provvedimenti di diniego palesemente strumentali, sono ancora troppo lunghi.
Cosa di dovrebbe fare per risolvere questo problema?
Intanto si dovrebbe avere il coraggio di azzerare la massa di leggi e leggine che regolano l’autorizzazione di impianti FER facendo riscrivere poche regole, semplici e chiare, possibilmente a chi conosce la materia. Il governo centrale dovrebbe poi delineare le aree idonee per l’installazione di impianti FER, invece di lasciare che lo facciano in modo frammentato e senza un disegno coerente, le Regioni, le Provincie e i Comuni. Ma lo Stato dovrebbe anche imporre ai gestori della rete elettrica di adeguare i propri piani di sviluppo alle esigenze della connessione di nuovi impianti FER. I dati aggiornati a fine ’22 indicano 7,35 GW di impianti autorizzati in attesa di connessione (di cui 4 GW in alta tensione e 3,3 GW in media tensione). Tutti pensiamo che sia la burocrazia a tirare il freno ma questi dati, di cui peraltro quasi nessuno parla, dicono altro.
Quali sono le caratteristiche che rendono TEP Renewables una eccellenza e cosa vedete nel vostro futuro?
L’eccellenza non è uno stadio che si raggiunge, ma una condizione a cui si punta. Il mercato ci riconosce la capacità e l’abilità di fare bene il nostro mestiere. Ma noi dobbiamo continuare a lavorare con impegno e passione per fare sempre meglio.
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