Le autorità di sicurezza israeliane si stanno incontrando al Cairo con mediatori appartenenti a Hamas in una serie di negoziati volti a risolvere la crisi attuale. Intanto le tensioni aumentano nella Striscia di Gaza, alimentando preoccupazioni riguardo un potenziale attacco terrestre israeliano
di Carlo Longo
Negoziati intensivi sono in corso al Cairo, con la rappresentanza israeliana capitanata dal direttore del Mossad, David Barnea, insieme a Ophir Falk, consigliere del primo ministro Netanyahu, e Ronen Bar, capo dello Shin Bet, il servizio di sicurezza interno di Israele. Insieme al vice responsabile di Hamas a Gaza, Khalil al Hayya, stanno lavorando per risolvere l’attuale crisi. Nonostante Hamas non partecipi direttamente ai colloqui, comunica attraverso il Qatar. Dopo il primo round, fonti egiziane hanno affermato che si trattava di “colloqui positivi”.
Secondo fonti dell’intelligence israeliana, Sinwar non è riuscito a comunicare con il resto del gruppo e in particolare con l’ala esterna, che vive da anni in esilio in Qatar, per almeno dieci giorni, che coincidono con l’ultimo round di negoziati fallito, quello che si è chiuso una settimana fa con la conferenza stampa di Netanyahu che annunciava “la vittoria totale è a portata di mano”. E proprio durante questa assenza di Sinwar – se vogliamo dare retta all’informazione fornita dall’intelligence israeliana – l’ala esterna di Hamas ha presentato una proposta che conteneva richieste considerate così eccessive da uccidere subito il negoziato, perché in pratica l’accordo prevedeva che Israele fermasse tutte le operazioni e si ritirasse in modo completo e irreversibile dalla Striscia.
Fonti del Wall Street Journal evidenziano contrasti tra la fazione di Hamas a Gaza e quella all’estero, capeggiata da Ismail Haniyeh, che presenta richieste impegnative e rifiuta compromessi. La situazione è particolarmente delicata perché nella Striscia di Gaza si teme un attacco israeliano a Rafah, dove risiedono oltre un milione e mezzo di civili palestinesi. L’Amministrazione Biden ha sollecitato un piano d’azione a Netanyahu per l’evacuazione dei civili, che non è ancora pervenuto.
Rumors trapelati rivelano che la Casa Bianca potrebbe indagare su presunti crimini di guerra commessi da Israele a Gaza. Anche la Cina ha espresso opinioni negative sulla situazione, chiedendo la fine dell’operazione israeliana a Rafah. In aggiunta, Francia, Stati Uniti e Gran Bretagna hanno imposto sanzioni a 28 estremisti israeliani responsabili di violenze “in crescita ed inaccettabili” ai danni dei palestinesi in Cisgiordania.
Intanto accomunati dalla stessa richiesta di cessate il fuoco a Gaza, l’intenzione di cooperare per la ricostruzione della Striscia, la volontà espressa di un accordo sulla Libia, la promessa di un nuovo incontro a breve dopo dodici anni di gelo sembra ristabilirsi un rapporto tra la Turchia e l’Egitto.
Gli sforzi diplomatici andavano intensificandosi da qualche tempo: l’anno scorso erano stati nominati gli ambasciatori e nelle scorse settimane la Turchia aveva annunciato una fornitura di droni all’Egitto.
Ora la prima visita di Erdogan dopo dieci anni al Cairo sembra sancire un passo molto importante. “Un cessate il fuoco a Gaza dovrebbe essere dichiarato il prima possibile, come dovrebbe essere permesso l’invio ininterrotto degli aiuti umanitari verso la Striscia. Il governo (del premier israeliano Benjamin Netanyahu) continua il massacro, arrivando anche fino a Rafah, l’ultimo posto dove i palestinesi possono rifugiarsi”, ha affermato il leader turco. “L’Onu non permetta questo massacro che sarebbe un genocidio”, ha aggiunto Erdogan. “Coopereremo con l’Egitto per la ricostruzione di Gaza e ci opponiamo anche noi allo sfollamento dei palestinesi fuori della loro terra”, ha inoltre annunciato Erdogan. Tra i progetti comuni, l’installazione di un ospedale a Gaza: “Abbiamo molte risorse per rafforzare le nostre relazioni e il coordinamento con l’Egitto in tutti i settori”. Ha infine invitato al-Sisi in Turchia ad aprile, “in occasione della prima riunione del Consiglio strategico turco-egiziano”: il capo di stato egiziano ha accettato.
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