Di Gaia Stanzani
Sono sempre stata scettica riguardo all’Online shopping, nella convinzione che l’acquisto fisico fosse preferibile a quello virtuale. Tuttavia, durante il lockdown, spinta dalla noia e dalla curiosità, ho cominciato ad esplorare il mondo del commercio online, acquistando dei costumi da bagno nell’attesa di un’estate piena di incognite ed ancora molto lontana. Al mio primo ordine ne sono seguiti immediatamente molti altri, scoprendo così la comodità e la praticità dello shopping online. Durante il lockdown, molti altri consumatori hanno fatto altrettanto, convertendosi al mondo del commercio elettronico, dando così luogo ad una vera e propria esplosione del fenomeno.
Il cambiamento nelle abitudini del consumatore – indotto dal lockdown – è stato il catalizzatore di ciò che alcuni definiscono un irreversibile riadattamento al digitale del mercato al dettaglio ove un numero crescente di consumatori scopre l’efficienza e la comodità dello shopping online ed i negozianti cominciano a consapevolizzarne i vantaggi: riduzione dei costi fissi e raggiungimento di una piattaforma più ampia di consumatori. In un suo articolo sul Financial Times, Chris Nutall scrive che con la riapertura dei negozi nel Regno Unito, molti negozianti erano reticenti a riaprire i battenti per via del successo riscontrato con le vendite online. Anche la BBC racconta che Ocado ha di recente confermato la sua conversione permanente allo shopping online: il suo CEO Tim Steiner afferma che negli ultimi mesi l’acquisto via internet dei generi alimentari ha registrato “anni di crescita concentrati in una manciata di mesi”.
Come ci dice Shira Ovide in un suo articolo sul New York Times, il chief digital officer della L’Oreal ha espresso a sua volta apprezzamento per le vendite online, vendite che hanno permesso all’azienda di “raggiungere in otto settimane ciò che la L’Oreal avrebbe altrimenti raggiunto in tre anni.” Il lockdown ha inoltre incoraggiato una innovazione efficiente, come dimostrato ad esempio dal recente lancio della L’Oreal del Try-on del make up virtuale che ha fatto salire le vendite del 53% e poi adottato anche da molte altre aziende quali Amazon e Boots. Con l’affermazione dell’e-commerce, si aprono delle sfide per le imprese emergenti e di piccole dimensioni e si accelera la progressiva scomparsa dei negozi al dettaglio già iniziata anni fa.
Questo fenomeno indica un cambiamento sociale ove l’automazione delle vendite sostituisce l’interazione sociale legata allo shopping fisico, con una conseguente perdita dei posti di lavoro ed una riconfigurazione del mercato occupazionale. Protezione dell’occupazione, sanità e sicurezza sul lavoro nell’e-commerce sono stati oggetto di dibattito ben prima del lockdown e si ripropongono oggi più che mai con il sensazionale aumento degli ordini online e quindi del carico di lavoro. Negli ultimi anni, Amazon, come una delle figure di spicco dell’e-commerce, è stata ripetutamente criticata per il trattamento riservato ai suoi dipendenti. Come scrivono Isobel Asher Hamilton ed Aine Caine per il Business Insider, nel 2018 negli stabilimenti di Amazon vi sono stati molti scioperi proclamati per via di una remunerazione insufficiente e dell’imposizione di lunghi orari di lavoro nei periodi di punta quali il Black Friday. Mentre negli ultimi mesi le azioni di Amazon sono volate in borsa con un incremento del loro valore che ha sfiorato il 25%, l’azienda viene nuovamente attaccata per il trattamento dei suoi dipendenti in quanto la sicurezza del personale addetto agli stabilimenti ed alla distribuzione viene messa a rischio per soddisfare la crescita esponenziale della domanda dovuta al lockdown.
Ed è proprio la questione di sicurezza sul lavoro che ha portato molte persone ad interrogarsi sulla moralità dello shopping online durante la pandemia. In un suo articolo per il The Guardian, Dow Wood scrive che Next, River Island e Net-a-porter hanno chiuso i loro siti online per scongiurare un sovraccarico di ordinativi che avrebbe avuto un conseguente impatto sul carico di lavoro. Inoltre, con l’evolversi del mondo lavorativo dell’e-commerce, cambia anche la posizione del consumatore: la sua privacy si riduce ad abitudini e preferenze tracciabili intercettate dalle aziende per identificare le tendenze e massimizzare la domanda. Ad esempio, Profitero, molto nota per il monitoraggio e misurazione dell’e-commerce volto ad analizzare le ricerche del consumatore ed identificare le tendenze, è stata fondata nel 2010 proprio per soddisfare le esigenze di un numero crescente di operatori nel commercio online.
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