di Mario Tosetti
Quando, dopo la pandemia, l’economia europea sembrava essere in fase di riassestamento è intervenuta la crisi energetica, che ha originato non solo ad rincaro delle bollette per le famiglie ma ha prodotto notevoli conseguenze negative su tutta la supply chain. In questo contesto, oltre all’impennata dei prezzi dell’energia, la guerra in Ucraina ha condotto l’Europa a prendere posizione contro la Russia, che come noto è il principale fornitore di gas naturale per il continente. Tale situazione, se non vi si pone immediato rimedio, rischia di compromettere l’indipendenza energetica europea e di ostacolare i piani strategici per la transizione energetica. Peraltro la questione coinvolge l’intera Europa, ancor prima che gli Stati membri individualmente considerati, ed è pertanto necessario che l’Ue si muova sul punto in maniera coordinata e univoca onde evitare che i singoli Paesi pongano in essere soluzioni contrastanti con la strategia comune.
Sebbene ogni Paese europeo dipenda dalle forniture russe in misura diversa occorre considerare che l’interconnessione del gas è tale da coinvolgere l’intera Unione e assurgere come un problema paneuropeo. E’ chiaro che l’obiettivo a lungo termine più auspicabile è rendere l’Europa completamente indipendente dall’utilizzo dei combustibili fossili, tuttavia nella fase di transizione di breve-medio periodo è fondamentale che l’Europa diventi autosufficiente perchè non presti il fianco ad eventuali ricatti e non sia esposta a potenziali interruzioni di forniture, come dimostra l’attuale aumento dei prezzi dell’energia. Secondo le teorie economiche più elementari la carenza di gas ha determinato un brusco aumento dei prezzi, provocando le ben note conseguenze in capo ai consumatori e alla catena di fornitura. L’ Europa potrebbe ricorrere a soluzioni semplici, come l’utilizzo del petrolio o del carbone, ma questo inevitabilmente andrebbe a discapito della salvaguardia del pianeta e del contrasto alla crisi climatica, che pone invece come ineluttabile la transizione di un Europa a zero emissioni.
Per tentare di arginare il problema dell’approvvigionamento energetico occorre anzitutto analizzare gli interventi che sono stati posti in essere. La crisi dei prezzi dell’energia ha, infatti, innescato molti interventi nel mercato elettrico ma non in quello del gas, anche se di fatto risulta essere la causa principale dell’aumento dei prezzi dell’energia ed è palese che i prezzi di gas naturale non sono allineati con il reale costo della fornitura. Gli interventi finora assunti si sono concentrati sul taglio degli extraprofitti realizzati dai produttori di elettricità. Tuttavia, non si considera che la maggior parte dell’energia viene venduta in anticipo ai consumatori attraverso i contratti di fornitura e non secondo il prezzo spot o del giorno prima. Pertanto la Commissione Ue, nella comunicazione dell’8 marzo, ha stabilito alcuni limiti e condizioni affinchè possa essere operato il taglio sugli extraprofitti. Ad ogni modo, è importante ribadire che è necessario che le soluzioni siano attuate a livello europeo onde evitare che interventi non coordinati dei singoli Stati membri distorcano e distruggano il mercato dell’energia elettrica, fondato su una regola comune di formazione dei prezzi in tutta l’Ue.
In concreto vi sono diverse misure che potrebbero assolvere la funzione di un contenimento dei prezzi. Anzitutto, per quanto riguarda le misure strutturali i mercati a termine liquidi e i segnali di prezzo a lungo termine devono essere consolidati e contribuire a coprire i rischi e agevolare gli investimenti. Ma, in particolar modo, ciò che nell’immediato potrebbe essere un fattore determinate è che sia individuato a livello europeo un tetto massimo ai prezzi del gas conforme al prezzo prima della crisi. Nel lungo periodo, invece, la soluzione immediata deve fare da ponte per l’accelerazione del lancio di tecnologie a zero emissioni di carbonio affidabili e flessibili: solo in tal modo si potrà perseguire una vera e propria indipendenza energetica europea.
Si tenga presente che alla scadenza del termine per l’obiettivo europeo di zero emissioni entro il 2050 manca solo un ciclo di investimenti e di fatto la crisi energetica potrebbe, se interpretata in ottica di opportunità, divenire motore propulsore per accelerare la transizione energetica dell’Europa. Perchè ciò sia possibile occorre intensificare l’impiego di energie rinnovabili, garantire la rapidità delle procedure di autorizzazione e licenza. Nell’ambito del piano REPowerEU, potrebbero raggiungersi 35 TWh aggiuntivi di generazione da nuovi progetti rinnovabili nel prossimo anno, riducendo il consumo di gas di oltre 6 miliardi di metri cubi, secondo l’IEA. E’ necessario che progressivamente le caldaie a gas scompaiano e siano sostituite con pompe di calore ad alta efficienza. In proposito il Commissario Timmermans, ha ribadito che l’UE deve raddoppiare il tasso di installazione delle pompe di calore nei prossimi cinque anni, così facendo si determinerà un risparmio di 20 miliardi di metri cubi di gas all’anno entro il 2026 e oltre 60 miliardi di metri cubi all’anno entro il 2030 con 50 milioni di pompe di calore installate in tutto il blocco. Secondo la Fondazione europea per il clima l’equivalente del 25% delle attuali importazioni di gas fossile dell’UE dalla Russia può essere risparmiato entro il 2030 rinnovando ed elettrificando gli edifici residenziali europei. Ponendo in essere l’implementazione di tecnologie a zero emissioni di carbonio, che elettrizzino il riscaldamento domestico e i trasporti e che diversifichino i combustibili per l’industria pesante, l’Europa potrà certamente raggiungere l’obiettivo zero emissioni nonché l’indipendenza a livello energetico.
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