Il Presidente di Fondazione Terzo Pilastro Internazionale, Emmanuele F.M. Emanuele: “La particolarità di Dufy risiede nel dissociare gradualmente, nel corso della sua maturazione artistica, il colore dal disegno, semplificando il più possibile”
di Carlo Longo
Inaugurata a Roma nelle sale di Palazzo Cipolla la mostra dedicata a Raoul Dufy. Il pittore della gioia, che nei fatti è la prima grande esposizione italiana pensata come doveroso omaggio ad uno tra i più apprezzati pittori dell’arte moderna. La mostra è promossa dalla Fondazione Terzo Pilastro Internazionale, per volontà del suo Presidente Prof. Avv. Emmanuele F. M. Emanuele, ed è stata realizzata da Poema con il supporto organizzativo di Comediarting e Arthemisia. L’ideazione è invece del Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris, Paris Musées e curata da Sophie Krebs, conservatrice generale dello stesso museo parigino.
Dufy fu un grande pittore, scenografo e disegnatore francese di inizio Novecento che, per la sua capacità di catturare le atmosfere, i colori e l’intensità della luce divenne noto al pubblico come il pittore della gioia e della luce. La mostra a Palazzo Cipolla si compone di oltre 160 opere tra dipinti, disegni, ceramiche e tessuti provenienti da rinomate collezioni pubbliche e private francesi – come il Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris che conserva di Dufy una delle più ricche collezioni.
Suddivisa in 13 sezioni tematiche, si snoda nell’intero percorso artistico del pittore francese, dagli inizi fino agli anni Cinquanta, quando Dufy cercò nuovi temi a causa della guerra e della malattia che lo costrinse a rimanere nel suo studio nel sud della Francia. Un excursus che trova il suo leitmotiv nella violenza cromatica, nella magia del colore che diventa elemento indispensabile per la comunicazione di emozioni e stati d’animo.
«La particolarità di Dufy – spiega il Prof. Avv. Emmanuele F. M. Emanuele – risiede nel dissociare gradualmente, nel corso della sua maturazione artistica, il colore dal disegno, semplificando il più possibile: egli eludeva il soggetto dell’opera per una sorta di propensione al principio dell’indeterminatezza, facendo sì che il segno si posasse sul colore con disinvoltura, mosso dalla pura gioia del dipingere. Si può affermare che nell’estetica dell’artista francese la forma venisse prima del contenuto, e questa caratteristica probabilmente lo relegò ad un ruolo di secondo piano in un periodo in cui l’impegno dichiarato (ad esempio, di un artista come Picasso, che negava fermamente la funzione decorativa dell’arte) era un imperativo».
Autore di opere monumentali come La Fée Electricité (1937 – 1938), uno dei dipinti più grandi al mondo composto da 250 pannelli per una lunghezza di sei metri, commissionatogli dalla Compagnie parisienne de distribution d’électricité per essere esposto nel Padiglione dell’elettricità al World’s World del 1937 per “evidenziare il peso dell’elettricità nella vita nazionale e in particolare il ruolo sociale di primo piano svolto dalla luce elettrica”.
Di quest’opera senza precedenti, nella cui parte inferiore l’artista rappresentò 110 scienziati e pensatori che contribuirono all’invenzione dell’elettricità, Palazzo Cipolla ospita una replica in scala 1:10, oltre ai disegni preparatori del progetto mai esposti prima d’ora. Un’evoluzione che vede Dufy inizialmente prosecutore di quella tradizione impressionista germogliata con Monet e poi insieme ai Fauve che, radunati attorno alla figura di Matisse, reagiranno presto alla pittura d’atmosfera e a quel dipingere dominato dalle sensazioni visive, per poi approdare infine ad abbracciare l’austerità cezanniana con la quale le forme, le zone piatte di colori accesi o addirittura violenti sono indipendenti dalla linea che accenna appena a circoscriverle.
«Sotto l’apparente semplicità delle forme – continua Emmanuele Emanuele – vi erano un’elaborazione minuziosa, un’attenzione ed una sensibilità fuori dal comune, e soprattutto la sua teoria che il colore servisse ai pittori per captare la luce». Sensibile all’aria del proprio tempo, Dufy si interessa alla società dell’intrattenimento con le sue corse, le regate, gli spettacoli elitari e popolari allo stesso tempo, un artista alla perenne ricerca di stimoli e sperimentazione, il cui scopo dichiarato era, come scrive la scrittrice americana Gertrude Stein, di arrecare piacere.
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