La marcia su Mosca della Wagner ha fatto restare con il fiato sospeso tutto il mondo. In serata si è appresa la notizia del raggiungimento di un accordo grazie alla mediazione di Minsk e il gruppo Wagner si è ritirato. Un dato rimane indelebile: Putin ne è uscito fortemente indebolito
di Mario Tosetti
“Ci fermiamo e torniamo alle basi. Torniamo in Ucraina”. Il capo della compagnia Wagner di mercenari Evgenij Prigozhin con queste parole in un messaggio audio ha affermato di voler “evitare un bagno di sangue” e di aver accettato la mediazione del presidente bielorusso Alexandr Lukashenko per far finire la crisi innescata oggi.
Si conclude così, quindi, la vicenda ricca di tensione che ha fatto tenere il fiato sospeso a tutto il mondo mentre c’era chi inneggiava al colpo di Stato da parte del gruppo Wagner alla presa di Mosca. Ma facciamo un passo indietro e vediamo cosa è successo.
All’alba il gruppo di miliziani guidato da Evgeny Prigozhin ha lasciato il teatro di combattimento in Ucraina ed è entrato in territorio russo prendendo il controllo di tutti i siti militari nella città di Rostov-sul-Don, la più grande città della Russia meridionale e punto chiave dell’offensiva di Mosca contro Kiev. Le truppe del gruppo Wagner hanno proseguito la loro avanzata verso Mosca. Diversi veicoli della Wagner hanno iniziato a muoversi, mentre le truppe si sono raggruppate in vista della partenza dalla città per far ritorno nei loro campi nel Luhansk.
Durissima la risposta del presidente russo, Vladimir Putin, che ha registrato un appello alla nazione messo in onda dalle tv russe: l’azione della Wagner è “una pugnalata alle spalle al popolo e al Paese difenderemo il nostro popolo e il nostro Stato da qualsiasi tradimento”, ha affermato Putin.
Dal canto suo Prigozhin ha chiesto un incontro immediato alla leadership militare russa: se il capo dello stato maggiore Gerasimov e il ministro della Difesa Shoigu non si fossero recati immediatamente Rostov-sul-Don, i mercenari sarebbero pronti a marciare verso Mosca, è la minaccia del capo della Wagner. “Tutti noi siamo pronti a morire. Tutti e 25 mila, e poi altri 25 mila”, ha affermato a chiare lettere.
Da questo momento in poi si è assistito a una corsa al riparo: molti cittadini di Mosca hanno lasciato la città, il sindaco della Capitale russa ha indetto per il successivo lunedì una giornata non lavorativa “al fine di ridurre i rischi”, sono state adottate misure antiterrorismo, chiuse le autostrade e le strade. Nel frattempo, gli elicotteri dell’esercito russo hanno tentato di abbattere i veicoli della Wagner bombardandoli.
Si sono susseguite affannosamente riunioni tra i leader dei Paesi Occidentali. L’Ucraina ha cavalcato l’onda, come ovvio. Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha commentato l’episodio affermando: “Lo dirò in russo. L’uomo del Cremlino è ovviamente molto spaventato e probabilmente si sta nascondendo da qualche parte, senza farsi vedere. Sono sicuro che non è più a Mosca. Sta telefonando da qualche parte, chiedendo qualcosa.. Sa di cosa ha paura, perché ha creato lui stesso questa minaccia. Tutto il male, tutte le perdite, tutto l’odio – lo diffonde lui stesso. E più a lungo potrà correre tra i suoi bunker, più voi perderete… tutti voi che siete legati alla Russia”.
In serata, però, il tutto si rè risolto grazie all’intervento di mediazione del presidente bielorusso Lukashenco. È stata trovata “una soluzione accettabile, con garanzie di sicurezza per i combattenti di Wagner”. I negoziati tra Lukashenko e Prigozhin sono andati avanti tutto il giorno, ha dichiarato il servizio stampa della presidenza bielorussa.
“I negoziati sono durati tutto il giorno. Di conseguenza, sono giunti ad accordi sull’inammissibilità di scatenare un sanguinoso massacro” e “Prigozhin ha accettato la proposta del presidente della Bielorussia Alexander Lukashenko di fermare l’avanzata di membri armati della compagnia Wagner sul territorio russo e di compiere ulteriori passi per allentare le tensioni”, si legge in una nota divulgata dalla presidenza bielorussa.
In un primo momento Prigozhin ha smentito che fosse stato accettato qualsiasi negoziato ma quasi subito dopo i paramilitari di Wagner hanno fatto marcia indietro. La comunicazione del ritiro delle truppe ha seguito l’annuncio da parte del servizio stampa del presidente bielorusso Aleksandr Lukashenko di un’intesa per “una de-escalation” della crisi in Russia. L’accordo sarebbe stato mediato da Minsk con il consenso di Vladimir Putin. “Volevano sciogliere Wagner. Siamo partiti il 23 giugno per la “Marcia della giustizia”. In un giorno abbiamo marciato a poco meno di 200 km da Mosca. Durante questo periodo, non abbiamo versato una sola goccia di sangue dei nostri combattenti”, ha dichiarato Prigozhin nel messaggio audio. “Ora è il momento in cui il sangue può essere versato. Rendendoci conto di tutta la responsabilità per il fatto che il sangue russo verrà versato, stiamo girando le nostre colonne e partendo nella direzione opposta, verso i nostri campi, secondo il piano”.
In sostanza, quindi, molto rumore per nulla. Ma dell’episodio un aspetto rimarrà indelebile: Putin è apparso debole davanti a tutto il mondo. “Oggi il mondo ha visto che i padroni della Russia non controllano nulla. Niente di niente. Caos completo”, è il commento di Zelensky.
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